Caro Lucio, ti scrivo

Celebrazione di Lucio Dalla 10 anni dopo la sua morte

Dalla è morto: 2012-2022.
La notizia rimbalzata dal Carlino al mondo

di Valerio Baroncini

Lucio Dalla, dieci anni dopo. Lucio non è morto. Gianni Morandi dice che lo vede uscire da una porticina, da una chiesa del centro, da un bar. Berretto occhiali cappelli sciarpe pellicce. Un’overdose di vita. E i bolognesi pure lo sentono, lo salutano, lo accarezzano. In via D’Azeglio, certo, dove c’è la sua casa – quella col campanello enigmatico e ironico, Comm. Domenico Sputo – ora trasformata in museo, tempio pagano della musica e della creatività. Ma in tutti i luoghi, da piazza Cavour a Santo Stefano, che al nostro Lucio erano cari.

 

Sono passati dieci anni dalla morte e quasi pare ieri. Il Carlino diede sul sito la notizia in esclusiva. I momenti più difficili, quello che nessuno vuole scrivere. Erano passate le 11 e la notizia arrivò: «Dalla è morto, l’hanno trovato morto in un albergo in Svizzera». Trenta minuti di chiamate, il silenzio. Poi la conferma: «È morto». Era mezzogiorno: dal Carlino a tutte le agenzie poi su Sky, poi nel mondo. L’emozione diventò lacrima. Lucio era morto. No, Lucio non è morto e noi ve lo raccontiamo così.

 Cesare Cremonini: «Lucio Dalla, il Michelangelo della musica»

di Valerio Baroncini

Cesare Cremonini, qual è il suo primo ricordo di Lucio Dalla?

«Il mio primo incontro con Lucio è stato a casa sua, mi aveva invitato il giorno in cui si teneva a Bologna un suo concerto insieme con Francesco De Gregori. Io sono andato, piuttosto emozionato, mi sono trovato a bere un caffè nel terrazzino di casa sua. È stato un incontro bellissimo, indimenticabile, abbiamo parlato di musica, di com’era nata “Com’è profondo il mare”, del rapporto con De Gregori, roba da storia della musica italiana.  Poi mi chiese di suonare il pianoforte  in salotto. È stato un momento magico».

 

Poi?

«Dopo sono andato al concerto e sono potuto stare con loro nel backstage. Devo dire che è un ricordo indelebile, anche molto riservato, molto privato: Lucio mi ha trasmesso fiducia quel giorno, aveva un modo di trattarmi con rispetto, stima e affetto. Mi ha dato grande coraggio».

 

Chi era Lucio Dalla per lei?

«Il Michelangelo della musica. La sua capacità di unire la vita reale, la vita camminata per strada, le voci della gente, con un’idea della musica alta che proveniva dal jazz, da un percorso artistico gigantesco, erano cose uniche. Era straordinario. È ancora unico. Lucio rimarrà per me il Re Sole della musica bolognese ed era lui che, insieme ai grandi artisti bolognesi, faceva sì che lo sguardo di un bambino come me – quando a 18 anni ho iniziato a fare musica – potesse pensare che Bologna era tutto. Essere un artista importante a Bologna per me significa essere un artista nazionale, non c’è distinzione fra le due cose».

 

E se dovesse scegliere un luogo da legare a Dalla?

«Sarebbe facile parlare di via d’Azeglio, del centro, dei luoghi che frequentava: lo guardavi, lo riconoscevi e poi all’improvviso lui non c’era più, come se fosse una presenza dell’anima di Bologna. Ma se devo scegliere un luogo da legare a Lucio, beh, per me sono le colline».

 

I colli?

«Mi immagino Lucio Dalla a Monte Donato: ho l’idea che le colline siano di tutti e anche di Lucio Dalla, questo mi emoziona. A Monte Donato, quando vado, penso sempre a Lucio che ruzzola giù per i colli, a lui che gioca come abbiamo fatto tutti nelle nostre colline».

Cesare Cremonini
Cesare Cremonini

Fra le canzoni, quale l’ha segnata di più?
«Tante canzoni mi hanno colpito e toccato nel profondo. “Cara”: i pianti che non ho fatto con “Cara”… Poi “Meri Luis”… però “Stella di mare” forse è la canzone che ancora oggi, quando l’ascolto, mi spezza a metà. Perché vivo le canzoni di Lucio in modo viscerale. Non solo per la capacità musicale di scrittura, ma per quella che ha lui di entrare nella vita delle persone, e di diventarne sia colonna sonora che punto d’incontro. Le sue canzoni hanno un valore cosmico, universale. Il modo in cui Lucio Dalla scrive ci mette tutti in riga, ci mette tutti sullo stesso piano, come degli alluni della vita».

 

Qual è l’eredità musicale di Dalla?
«La sua eredità esiste, è chiaro però che non esista un erede. Esiste un’eredità, un patrimonio artistico che va valorizzato e io cerco sempre nei miei dischi che ci sia una sfumatura di Lucio. Sento una responsabilità come cantante di Bologna: portare avanti questa bandiera, la tradizione della musica bolognese. Penso che parte della mia carriera si debba anche a tutto quello che è stato lui».

 

E non ha un rimpianto in relazione a Dalla?
«No, se non che forse non ho potuto fare in tempo a cantarci insieme. Sono sicuro che sarebbe successo prima o poi, in modo bellissimo, però continuo in fin dei conti a cantare insieme a lui. Anche adesso».

Gianni Morandi: «Lucio Dalla il mio più grande amico, è sempre con noi»

di Valerio Baroncini

Gianni Morandi, chi era per lei Lucio Dalla?

«Chi era? Chi è. È il mio più grande amico».

 

Ne parla al presente?

«Dentro di me, come dentro tutti i bolognesi, Lucio non se n’è mica andato. Lucio c’è ancora, noi giriamo sotto i portici, in strada, in centro e ci aspettiamo che esca da un momento all’altro. Dalla porta di una casa o da una mostra. Per noi Lucio è sempre lì, c’è, Lucio è Bologna, è sempre con noi».

 

Come vi siete conosciuti?

«Per la musica, da una vita. Lucio era il mio più grande amico, entrambi tifosi del Bologna, ci frequentavamo da quando avevamo vent’anni, andavamo allo stadio. Io cantavo, lui suonava il clarinetto».

 

Non vi siete mai allontanati?

«Mai. Non ci siamo mai persi di vista, dai primi anni sessanta finché non se n’è andato. Prima le cose andavano bene per me nella musica, poi la situazione s’è invertita. Lucio era il numero uno, io invece un po’ scomparso, però Lucio mi ha sempre sostenuto, sempre aiutato, ha scritto canzoni per me. Abbiamo fatto un tour girando il mondo: Italia, Europa, America. Abbiamo condiviso tante cose, ma quello che veramente è importante è che Lucio Dalla ha lasciato una testimonianza incredibile fatta di canzoni meravigliose che, riascoltate oggi, suonano così diverse l’una dall’altra. Così inventate, strane, nuove ma anche di grande melodia, poetiche. Ha lasciato tracce indelebili».

Gianni Morandi e Lucio Dalla
Gianni Morandi e Lucio Dalla

L’ultimo Sanremo, poco prima della morte, lo diresse lei.
«Fui io a chiamarlo, venne con Pierdavide Carone e ci inventammo la direzione dell’orchestra. Fu un successo straordinario. Ci eravamo anche visti allo stadio, per un Bologna-Udinese, mi raccontò del suo tour tra Germania e Svizzera e ricordò uno dei luoghi dove eravamo stati insieme, chiedendomi “Perché non mi vieni a trovare?”»

 

E come andò?
«Dopo due giorni, lui era a Montreux… La fine. E forse non è un caso sia successo a Montreux, che è la città del jazz».

 

Ora lei sta facendo decine di concerti al Duse. Anche questo è un segno?
«Il Duse è il teatro di Bologna, qui Lucio ha esordito. Il Duse ha qualcosa di bolognese, di ragù, di tagliatella. Mi ricorda Lucio. E quante volte l’ho sentito cantare “Caruso”. Almeno 150 volte a un metro da me, e a lui toccava “Uno su mille”. La canto sentendolo dentro di me, annuso le sfumature, la grande sintonia musicale che avevamo. Ho assimilato il suo modo di cantare, con quegli accenti forti, musicali. A volte lui lo stravolgeva quel brano, non amava la routine. Lucio è dentro di me. Poi una volta mi fece un regalo…»

 

Cosa?
«Un disco con brani di Ray Charles, da “Georgia on my mind” ad altri. Mi disse di ascoltarlo, perché poteva cambiare la visione delle cose. È stato così. E dopo qualche giorno mi disse, ancora, “Fratello, tu sei il più forte”. Grazie, Lucio».

Gianni Morandi e Lucio Dalla
Gianni Morandi e Lucio Dalla

Luca Carboni: «Dalla, Morandi e quei pomeriggi in sala giochi»

di Valerio Baroncini

Luca Carboni, lei è uno dei più grandi cantautori bolognesi. E sulla sua strada ha incontrato Lucio Dalla. Chi era Lucio per lei?

«Lucio per me è stato, prima di conoscerlo, un artista che mi aveva letteralmente choccato. E lo dico in senso positivo: mi aveva folgorato».

 

Perché?

«I due album alla fine degli anni settanta, “Lucio Dalla” e “Dalla” sono album straordinari, che hanno segnato tutta la musica italiana e rimarranno per sempre. Erano pazzeschi dal punto di vista musicale, degli arrangiamenti. Erano molto nuovi per quello che era il sound classico dei cantautori».

 

E questo è Lucio artista. Ma poi l’ha conosciuto personalmente: l’uomo com’era?

«Dalla era un uomo straordinario, carismatico, difficilissimo e durissimo nel lavoro, ma fuori dal lavoro era una persona estremamente affascinante. Era bellissimo parlare con lui, si parlava di tutto, delle ore, passando dal Bologna alla Virtus di cui era tifoso, ma anche la Fortitudo. E poi quante chiacchiere sui grandi sistemi, sulla filosofia, sulla vita».

 

Se Lucio Dalla fosse un luogo di Bologna, quale sarebbe?

«Beh piazza Cavour, senza dubbio (lì Lucio Dalla abitò da ragazzino alla piazza è ispirata “Piazza Grande”, che non è un riferimento né a piazza Maggiore né a piazza Grande a Modena, ndr). Lì c’era una sala giochi alla fine degli anni 80, dove per un po’ di anni ci si trovava spesso a fare sfide a biliardino, calcio-balilla».

 

E vi vedevate lì con Lucio?

«Veniva spesso anche Gianni Morandi, per quasi due anni tutti i pomeriggi liberi ci si trovava a vivere queste grandi sfide, bellissime. Lucio era anche questo, e ci manca moltissimo».

Luca Carboni
Luca Carboni